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Chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore: la Cappella Sistina di Milano


A Milano esiste un luogo che pochi conoscono davvero, un tesoro che non compare quasi mai nei tour classici, e che ancora oggi resta fuori dai circuiti turistici più battuti. È la Chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore, spesso chiamata la “Cappella Sistina” di Milano, e a ragione: chi entra qui per la prima volta rimane senza parole davanti a tanta meraviglia. Io ci torno spesso, e ogni volta mi emoziono come la prima. Ho imparato ad amarla, a scoprirne i dettagli, le storie, le suggestioni che si respirano tra le sue pareti affrescate.




Un tesoro nascosto nel cuore di Milano


San Maurizio si trova in Corso Magenta, alle spalle delle mura romane e accanto ai resti del Monastero Maggiore, uno dei complessi monastici più importanti dell’antica Milano. Fondata nel XVI secolo sui resti di una chiesa paleocristiana, fu da subito destinata alle monache benedettine di clausura. Ancora oggi, appena si varca il portale, si ha la sensazione di entrare in uno spazio fuori dal tempo, dove la storia si stratifica e l’arte si fa racconto.


Storia e architettura


La chiesa fu costruita tra il 1503 e il 1518 su progetto di Gian Giacomo Dolcebuono e Giovanni Antonio Amadeo, con una struttura a navata unica divisa in due da una parete: una parte riservata ai fedeli, l’altra, il cosiddetto “coro delle monache”, destinata esclusivamente alle religiose. Questa doppia anima è una delle sue particolarità più affascinanti, perché permette di leggere ancora oggi la vita monastica del passato.


Il trionfo degli affreschi: la “Cappella Sistina” di Milano


Il vero incanto di San Maurizio è dato dagli affreschi che la rivestono integralmente, un’esplosione di colori e di storie che ricoprono ogni superficie. Sono opera di Bernardino Luini, uno dei massimi interpreti del Rinascimento lombardo, e della sua bottega, tra cui i figli Aurelio e Evangelista. Gli affreschi raccontano storie sacre, vite di santi, episodi biblici, ma anche scene di vita quotidiana, animali, elementi naturalistici che rendono questo ciclo pittorico unico in città.


Nel presbiterio si possono ammirare la splendida Ultima Cena e il Martirio di San Maurizio, mentre sulla volta compaiono angeli musicanti e dettagli che rapiscono lo sguardo. Il coro delle monache è forse ancora più sorprendente: qui la narrazione si fa intensa, con figure di sante, di profeti, di martiri, in una successione di scene che sembrano avvolgere il visitatore in un abbraccio senza tempo.


Cosa vedere durante la visita


La chiesa oggi è gestita dal Touring Club Italiano, che la rende visitabile gratuitamente (spesso grazie ai volontari per il patrimonio culturale). Entrando, il primo colpo d’occhio è mozzafiato: la navata risplende di blu e oro, con le pareti ricoperte da decine di storie dipinte. Si può osservare da vicino la delicata Madonna con Bambino di Luini, le figure dei santi, i decori che simulano marmi e drappi, fino ad arrivare alla grata che separava le monache dal resto della comunità.


Da non perdere:


  • Il ciclo di affreschi di Bernardino Luini, tra cui la famosa scena del Diluvio Universale e la spettacolare Ultima Cena.

  • L’organo antico, ancora funzionante e spesso protagonista di concerti di musica sacra.

  • Il coro delle monache, un luogo intimo e misterioso, inondato di luce filtrata e racchiuso da pareti completamente affrescate.

  • I resti del Monastero Maggiore, con la torre poligonale romana che testimonia la storia antica di Milano.

  • I dettagli naturalistici, gli animali nascosti tra i decori, le piccole scene di vita quotidiana che compaiono tra santi e angeli.



Un luogo per innamorarsi di Milano


San Maurizio al Monastero Maggiore non è solo una chiesa: è un’esperienza emotiva, un viaggio nella bellezza nascosta di Milano. Io la consiglio a chiunque ami lasciarsi sorprendere, a chi vuole vedere una Milano diversa, capace di custodire capolavori inaspettati e di raccontare storie che vanno al di là delle guide turistiche.

Ogni volta che la visito, mi accorgo che l’incanto è sempre lo stesso. Forse perché in questo luogo si respira davvero l’anima profonda della città: la capacità di stupire, di emozionare, di svelare tesori solo a chi sa guardarli con occhi curiosi e innamorati.

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