Quando la libertà si paga in like: il cortocircuito tra femminismo , social ed OnlyFans
- Massimiliano Valente
- 7 giorni fa
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 3 giorni fa

OnlyFans non è più un fenomeno isolato, né una provocazione trasgressiva confinata ai margini della rete. È il sintomo di una società che riflette le sue contraddizioni più profonde sulla pelle delle donne. Nell’epoca dell’apparente libertà sessuale ed affermazione femminile, emerge infatti un paradosso crudele: il corpo della donna è sempre più libero, ma forse mai così prigioniero.
Una giovane donna scrive: “Posso forse rappresentare la classica femminista, ma non mi sento tale. Non mi trovo totalmente d’accordo con gli estremismi, ma sento profondamente che agli uomini manchi intelligenza emotiva”. Queste parole sono lo specchio di un femminismo nuovo, più fluido, meno dogmatico, che rifiuta le etichette, ma cerca disperatamente una risposta al dilemma che vive quotidianamente sulla propria pelle.
Perché oggi, se da una parte rivendichiamo con forza il diritto al nostro corpo ed alla nostra immagine, dall’altra ne siamo diventate schiave consapevoli. Guardiamo OnlyFans, piattaforma nata per dare libertà ed autonomia economica, è divenuta la più potente fabbrica di immagini e desideri, dove molte donne scelgono, con consapevole sofferenza, di “prostituire la propria immagine” per sfuggire ad una realtà fatta di stenti ed insicurezze economiche. Una scelta emotivamente lacerante, ma vissuta come dignitosa, od almeno più dignitosa di una vita precaria ed invisibile.
Questo bivio feroce è il punto di collisione tra libertà sessuale ed oggettificazione. È qui che si annida la nuova dipendenza dal giudizio maschile, perché su queste piattaforme sono i like ed i pagamenti per visualizzare immagini intime , a definire chi sei, quanto vali, cosa meriti.
Ma non possiamo limitarci a condannare o giustificare semplicisticamente. Dobbiamo comprendere che ciò che vediamo su OnlyFans è il frutto diretto di una società che ha svuotato il concetto di dignità, trasformandolo in un lusso che non tutte si possono permettere. Quando un lavoro “normale” non basta per arrivare a fine mese, molte donne si trovano davanti ad un compromesso doloroso ma realistico: meglio ferite emotive e cicatrici interiori che la certezza della povertà.
Questa scelta, però, lascia tracce profonde, la mercificazione dell’immagine femminile online non si limita al corpo, ma invade lentamente l’identità stessa. Così, quella che all’inizio sembra libertà, diventa presto una gabbia dorata. Una donna mi ha scritto: “Ho scelto consapevolmente di vendere la mia immagine per garantirmi una vita dignitosa, ma ogni giorno ne porto addosso il peso emotivo”.
Il problema, dunque, non è la nudità, né la libera sessualità. Il problema è la normalizzazione di questa contrattazione continua con il proprio valore. È l’illusione di libertà che finisce per alimentare nuove forme di sottomissione al giudizio altrui, ed in particolare a quello maschile.
Serve una rieducazione culturale, una riflessione profonda che parta proprio dal vicino di casa, dalle chiacchiere al bar, dagli sguardi, dai commenti che pronunciamo distrattamente sui social. È urgente capire che dietro una foto acchiappalike c’è una storia, un compromesso, una ferita che difficilmente si rimarginerà da sola.
Se il femminismo moderno vuole restare autentico ed incisivo, deve avere il coraggio di guardare dentro queste contraddizioni ed affrontarle senza giudicare chi vive sulla propria pelle una realtà che non lascia vie d’uscita. Perché non ci può essere vera liberazione senza libertà di scegliere davvero ciò che siamo e ciò che vogliamo mostrare di noi stesse.
È arrivato il tempo di superare l’illusione della libertà virtuale per tornare a rivendicare la libertà autentica, non per diventare meno visibili, ma per essere finalmente viste nella nostra interezza.
OnlyFans è solo la punta dell’iceberg. Il meccanismo che abbiamo descritto si replica, in forma più light ma non meno profonda, su tutti i social, Instagram, TikTok, Facebook. La dinamica è la stessa, apparire, mostrarsi, spingersi ogni giorno un po’ più in là, nella gara per ottenere attenzioni, cuori, like. Dietro foto e video sempre più sfacciati e disinvolti c’è spesso un mondo fatto di solitudine, d’insicurezze, di ricerca disperata di validazione. La morale ed il pudore, un tempo baluardi interiori, oggi sembrano solo ostacoli da abbattere nella rincorsa all’effimero.
Ma esiste ancora un limite? E soprattutto, chi lo pone? Viviamo in una fase di dissacrazione continua, dove tutto è spettacolo, dove ogni intimità è sacrificata sull’altare della visibilità. Questa tendenza ha davvero un futuro? Sarà una moda che si esaurirà lasciando solo macerie, arriveremo mai a riscoprire il valore della riservatezza, della profondità e della relazione autentica?
Nessuno ha la risposta. Ma una cosa è certa: il rischio concreto è quello di un declino lento e progressivo, dove l’identità reale si dissolve nella rappresentazione continua di sé. Forse il vero atto rivoluzionario domani non sarà più mostrarsi, ma sapersi custodire.
Rimane aperta una domanda, chi avrà il coraggio di fermarsi , di scegliere davvero se stesso , in piena coscienza ?
Forse la vera sfida per le giovani donne oggi è proprio riscoprire il valore autentico della femminilità, che non si esaurisce nell’immagine o nell’apparenza. È qualcosa che spesso sfugge, persino agli uomini, che si trovano confusi davanti a modelli sempre più contraddittori.
La femminilità non è una maschera da indossare per piacere agli altri, ma una forza silenziosa, fatta di presenza, profondità, libertà di essere e di sentire. Ritrovarne il senso autentico potrebbe essere il primo passo per uscire dalla trappola dell’apparire e tornare a vivere relazioni più vere, da entrambe le parti.
MV
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