“Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo”. Queste parole di San Paolo, contenute nella Lettera agli Ebrei (13,2), hanno sempre risuonato profondamente nel mio cuore.
Non sono solo un invito, ma una vera e propria chiamata a vivere una dimensione essenziale dell’esistenza umana: l’accoglienza. Per me, questo passaggio è stato un faro, una guida che ha influenzato non solo il mio modo di relazionarmi agli altri, ma anche il mio percorso professionale. L’ospitalità, infatti, è diventata una chiave di lettura della mia vita, una qualità che cerco di praticare ogni giorno, sia nel lavoro che nelle relazioni personali.
San Paolo, con questa esortazione, ci ricorda che l’ospitalità non è un semplice gesto di cortesia, ma un atto profondamente spirituale e trasformativo. Accogliere l’altro significa aprirsi alla possibilità d’incontrare qualcosa di sacro, qualcosa che va oltre l’apparenza. Quegli “ : angeli senza saperlo” è un’immagine potente: ci invita a vedere in ogni persona un’opportunità, un dono, una rivelazione. Non si tratta solo di offrire un tetto ed un pasto, ma di creare uno spazio in cui l’altro si senta valorizzato, ascoltato, accolto . È un invito a vivere con generosità e senza pregiudizi, perché ogni relazione può riservare sorprese inaspettate.
Nella mia vita, questa idea ha trovato un’applicazione concreta. Ho sempre creduto che accogliere le persone, metterle a proprio agio, sia una delle mie doti più autentiche.
Che si tratti di un collega, di un amico o di un estraneo, cerco di creare un’atmosfera in cui chiunque si senta a casa.
Questo non è solo un gesto di gentilezza, ma un modo per costruire ponti, per tessere relazioni significative. E San Paolo, con la sua saggezza, mi ha insegnato che in ogni incontro c’è un potenziale straordinario: ogni persona che accogliamo può portare con sé una lezione, un’opportunità, una benedizione.
Nel mio lavoro, questa filosofia si è tradotta in una professione che ruota intorno all’accoglienza. Che si tratti di gestire un hotel , un team, di collaborare con clienti o di creare progetti, cerco sempre di mettere al centro la persona, di ascoltare i suoi bisogni, di valorizzare le sue qualità. Perché l’ospitalità, nel senso più ampio del termine, non è solo un atto materiale, ma un atteggiamento mentale.
È la capacità di vedere nell’altro un alleato, un compagno di viaggio, una risorsa. E questo approccio mi ha portato frutti inaspettati: relazioni durature, collaborazioni feconde, momenti di crescita personale e professionale.
San Paolo, con la sua esortazione, ci ricorda anche un’altra verità fondamentale: l’ospitalità è un atto di fiducia. Non sappiamo mai chi abbiamo di fronte, ma se ci apriamo con cuore sincero, possiamo scoprire tesori inaspettati. Quegli : “angeli senza saperlo” è un invito a vivere con coraggio, a non chiuderci nelle nostre sicurezze, ma a rischiare, a credere che ogni incontro possa arricchirci. E questo, in un mondo spesso dominato dalla diffidenza e dalla paura, è un messaggio rivoluzionario.
Per me, praticare l’ospitalità è stato ed è ancora un modo per dare senso alla mia vita.
È una scelta che mi ha portato ad incontrare persone straordinarie, a vivere esperienze indimenticabili, a crescere come persona
E tutto questo ha radici profonde in quelle parole di San Paolo, che ho fatto mie fin dal primo momento in cui le ho lette.
L’ospitalità non è solo ( come nel mio caso ) una professione , ma un dovere, un privilegio: è la possibilità di trasformare ogni incontro in un’occasione di crescita, di scoperta, di valore.
In un mondo sempre più frenetico e individualista, l’invito di San Paolo a praticare l’ospitalità è più attuale che mai. Ci ricorda che siamo tutti connessi, che ogni relazione può essere un’opportunità, che ogni persona che incontriamo può portare qualcosa di prezioso nella nostra vita. E io, nel mio piccolo, continuerò a fare della mia vita un’opera di accoglienza, perché so per certo che è lì, nell’incontro con l’altro, che si nasconde la vera bellezza dell’esistenza.
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