Intervista esclusiva a Vincenzo Finizzola, icona del settore alberghiero internazionale
- Massimiliano Valente
- 21 mag
- Tempo di lettura: 7 min
Aggiornamento: 22 mag

Oggi ho avuto il privilegio d’interloquire con Vincenzo Finizzola, storico direttore del Four Seasons di Milano , un professionista che ha segnato profondamente il mondo dell’hôtellerie internazionale con oltre 22 anni continuativi di brillante carriera presso una delle strutture più prestigiose d’Italia e tante altre importanti direzioni tra cui l’ultima l’Hotel Bauer di Venezia .
Ho condotto questa intervista con l’approccio di chi come me opera da decenni nel settore alberghiero , cercando di porre domande tecniche, nate dalla mia curiosità .Il clima è stato amichevole e spontaneo, con una simpatia reciproca data dalla nostra conoscenza . Troverete quindi l’intervista scritta in tono informale, così com’è nata: da un dialogo autentico .
Esiste ancora la passione per il mestiere alberghiero?
La passione esiste eccome. In molti casi, però, è latente. Tante persone non sanno di averla perché non sono stimolate, considerate o messe nelle condizioni giuste per esprimere il proprio potenziale. Durante la mia carriera ho scoperto moltissimi talenti nascosti, risorse molto promettenti che non sapevano ancora di esserlo. Il compito principale di un buon direttore è proprio questo: individuare le qualità delle persone ed aiutarle a svilupparle. Tutti abbiamo un talento, il punto è scoprire quale sia e come poterlo valorizzare.
I giovani oggi come approcciano a questa professione?
Sono un grande difensore dei giovani. Hanno un grande entusiasmo e passione, ma spesso non hanno ancora avuto l’opportunità per dimostrarlo. Chi è più esperto deve saperli stimolare correttamente, dando loro le occasioni giuste. Molti ragazzi oggi pensano di poter partire direttamente come manager; serve invece pazienza, formazione e soprattutto esperienza diretta sul campo.
È importante che imparino a camminare prima di correre.
C’è confusione nella percezione della gestione alberghiera moderna da parte degli investitori ?
Sì, oggi c’è molta confusione. Spesso chi investe nell’ospitalità proviene da altri settori e non comprende appieno la complessità di questo mestiere. Per molti imprenditori l’albergo diventa un biglietto da visita, un investimento da mostrare, senza capire che la vera ospitalità si basa su gentilezza, sorriso, garbo e servizio. Confondere imprenditorialità ed ospitalità è facile, ma è un errore che può compromettere il successo dell’investimento.
Che cos’è davvero il lusso nell’ospitalità?
Il lusso è un concetto che spesso viene frainteso. Non è la Ferrari o l’orologio costoso, ma la capacità di vivere un’esperienza straordinaria, superiore a quella che potresti avere a casa tua. Il vero lusso sta nella percezione del piacere e nel sentirsi davvero accolti e coccolati. Un cliente cerca sorriso, cortesia ed attenzione, ben più della qualità tecnica di un servizio , che pure resta importante.
Qual è oggi il ruolo del direttore d’albergo?
Questo ruolo è cambiato molto negli ultimi vent’anni. Un tempo il direttore era più presente e diretto nel contatto con gli ospiti. Oggi, con l’avvento delle grandi compagnie internazionali e della digitalizzazione, si rischia di perdere questa centralità, dedicando troppo tempo a meeting e report. Un buon direttore, però, resta colui che riesce a mantenere rapporti umani solidi, che ascolta e stimola il personale, e che è presente, accogliente, capace di responsabilizzare e valorizzare il proprio staff.
L’aspetto umano è quindi fondamentale nel successo alberghiero?
Assolutamente sì. Non esiste albergo di successo senza personale soddisfatto e motivato. Tra le esigenze della proprietà, dei dipendenti e quelle degli ospiti, spesso si trascura proprio quella dei lavoratori , che invece è cruciale. Un team felice e motivato produce qualità e rende soddisfatti i clienti, garantendo risultati eccellenti alla proprietà.
Che cosa ne pensi degli “archistar” nel settore alberghiero?
Spesso gli architetti di fama internazionale sono più interessati al proprio ego che alle esigenze pratiche degli hotel. L’estetica è importante, ma un albergo dev’ essere prima di tutto funzionale e pensato per chi lo vive e ci lavora ogni giorno. A volte mancano cose elementari come spazi adeguati per lo stoccaggio o percorsi funzionali per la gestione quotidiana, e questo crea grossi problemi operativi.
Come convincere un imprenditore a puntare sulla formazione del personale?
È fondamentale far capire che il successo di un albergo dipende direttamente dalla qualità delle persone che ci lavorano. Investire nella formazione significa garantire qualità del servizio, fedeltà del cliente e quindi risultati economici solidi e duraturi. Molti imprenditori curano dettagliatamente il business plan ma trascurano la gestione delle risorse umane, che invece è cruciale per il successo .
Qual è il futuro del settore alberghiero alla luce delle nuove esigenze tecnologiche e dei cambiamenti culturali?
L’albergo tradizionale continuerà ad avere un futuro, a patto che sappia adattarsi ai tempi. Bisogna essere tecnologici ma anche intuitivi le innovazioni devono risultare facili da utilizzare . La tecnologia deve aiutare, non complicare l’esperienza del cliente. Resterà fondamentale la presenza umana, il calore del personale, la capacità di far sentire l’ospite come a casa sua, ed addirittura meglio .
Non c’è il rischio che la tecnologia tolga l’anima agli alberghi?
Non credo. Finché esisteranno persone appassionate e capaci di accogliere e coccolare il cliente, gli alberghi tradizionali prospereranno. La tecnologia dev’essere al servizio dell’umanità, mai sostituirla completamente. La differenza continueranno a farla le persone, con la loro capacità di entrare in sintonia con gli ospiti e creare esperienze autentiche ed emozionali.
Quanto conta secondo te il prodotto nel creare una destinazione turistica di successo? E viceversa .
Il prodotto è fondamentale. Se hai una struttura eccezionale, curata nei dettagli, che offre esperienze autentiche, inevitabilmente questa influenza la destinazione in cui si trova. Guarda il Lago di Como: Villa d’Este è diventata il simbolo di come un singolo hotel possa cambiare le sorti di un intero territorio. È stata pioniera, ha attratto una clientela internazionale sofisticata e creato un vero ecosistema di eccellenze. Attorno a Villa d’Este sono nate altre strutture alberghiere e ville di lusso, e l’intero territorio è cresciuto di prestigio. Ma è vero anche il contrario: quando una destinazione è già nota, valorizza il prodotto stesso. È un circolo virtuoso dove ogni aspetto rafforza l’altro.
Oltre al Lago di Como, hai altri esempi di destinazioni italiane che hanno seguito questo schema virtuoso?
La Puglia, certamente. Borgo Egnazia ha segnato una svolta incredibile. Ha portato il turismo di lusso in una regione bellissima, ma inizialmente poco valorizzata. È riuscito a combinare autenticità e modernità, dando dignità alla cultura locale. E non si tratta solo di un hotel: Borgo Egnazia è diventato il cuore pulsante di un’intera regione, creando opportunità anche per realtà più piccole che hanno potuto seguire questo modello di successo. Ha cambiato le regole del gioco, trasformando completamente la percezione della Puglia nel mondo.

Hai trascorso anni importanti in grandi catene alberghiere internazionali. Qual è il tuo prossimo sogno, cosa ti piacerebbe fare davvero adesso?
Mi piacerebbe rianimare quegli hotel che hanno avuto momenti di gloria nel passato e poi, col tempo, si sono un po’ spenti. Adoro l’idea di entrare in questi luoghi e letteralmente aprire le finestre, far entrare aria fresca, nuova vita. Sono convinto che molte strutture abbiano ancora tanto da offrire e conservino un’anima bellissima che attende solo di essere riscoperta e valorizzata. Riportarli allo splendore originale, aggiornandoli alle esigenze contemporanee, sarebbe una missione entusiasmante per me. Far rinascere queste bellezze dimenticate sarebbe qualcosa che andrebbe oltre il lavoro da me già svolto in passato , un vero piacere personale.
M’immagino di farlo con un team appassionato, persone che condividano questa visione romantica e concreta, che sappiano combinare rispetto della storia ed innovazione. Ridare vita a queste realtà porta a delle soddisfazioni incredibili.
Parlando del Four Seasons Milano, c’è un aneddoto particolare che ricordi con piacere?
Mi capitava spesso che alcuni clienti, affascinati dagli arredi e dai particolari curati in ogni angolo dell’hotel, mi chiedessero informazioni su determinati oggetti, per esempio una lampada, un quadro , un pezzo di arredamento e purtroppo, o per fortuna, dovevo rispondere che erano stati creati esclusivamente per noi, pezzi unici, disegnati appositamente per l’hotel. Questo dimostra come la curiosità, la passione per il dettaglio e l’unicità dell’esperienza rendano davvero speciale un ambiente.
È proprio l’attenzione alla sartorialità dei dettagli che fa la differenza.

Il Four Seasons ha avuto un ruolo pionieristico nel panorama alberghiero milanese?
Certamente. Quando abbiamo aperto nel 1993, a Milano esistevano soltanto pochi hotel di vero lusso: il Savoia, il Westin ed altre pochissime realtà. Dopo di noi sono arrivate nuove strutture come Bulgari, Mandarin, Armani, che hanno contribuito a trasformare Milano in una destinazione del lusso internazionale. Ritengo che il Four Seasons abbia avuto un ruolo importante, aprendo la strada ad una concezione di ospitalità che prima non era presente in città.
Chi ha curato il progetto iniziale del Four Seasons Milano?
Il progetto originale del Four Seasons Hotel Milano fu curato da Charles Pfister, un talentuoso architetto di San Francisco, purtroppo scomparso nel 1990 prima che l’hotel fosse ultimato. A portare avanti e concludere l’opera fu la sua associate Pamela Babey, che completò il progetto permettendo l’apertura dell’hotel il 1° aprile 1993. Pamela Babey ha continuato poi la sua brillante carriera disegnando numerosi altri hotel della catena Four Seasons in tutto il mondo.
Da questa breve conversazione emerge chiaramente come il Four Seasons Milano abbia fissato nuovi standard di eccellenza nell’ospitalità , non soltanto un luogo esclusivo, ma una vera e propria icona del lusso milanese, aprendo la via a tante altre realtà di successo.
L’arte di aprire le finestre
Dall’intervista con Vincenzo Finizzola emerge chiaramente quanto sia cruciale il rapporto tra prodotto e territorio. Gli esempi di Villa d’Este e Borgo Egnazia sono emblematici: il successo di un hotel può trasformare un’intera destinazione.
Ma forse il messaggio più forte che Vincenzo ci lascia è il suo sogno personale: aprire quelle finestre chiuse da tempo, far tornare a vivere gli hotel che hanno smarrito un po’ di magia, proprio come si risveglia una bella addormentata. È una visione simpatica, allegra e soprattutto piena di entusiasmo, che lascia un messaggio chiaro: ogni struttura ha una storia che merita di essere raccontata ancora.
Perché, in fondo, l’hospitality non è solo business, è passione, creatività ed amore per la bellezza. E quando si aprono quelle finestre, entra sempre aria di festa.
Come direbbe Finizzola con un sorriso: «Apriamo quelle finestre e facciamo entrare il futuro!»
Intervistare Vincenzo Finizzola è stato un grande onore ed una straordinaria occasione per riflettere sul futuro di un settore che resta e che di sicuro rimarrà profondamente legato al valore umano.
MV
Giornalista sopra le righe come stile e contenuto, il sig Finizzola non ha alcun bisogno di presentazioni, è gentleman e professionista di altri tempi.
Difficile commentare il personaggio iconico e ineguagliabile il migliore che ho mai incontrato ed io gli alberghi del mondo li ho girati..Mai un altro come lui si ricordava cosa piaceve ad un cliente anche dopo 2 o 3 anni Questo dovrebbe essere il maestro di molti giovani generazioni. Luisa
Osservazione assolutamente interessante e realistica,. Mi ha colpito molto il sogno di ridare vitalità a quei luoghi che hanno ancora un’anima e che si sono spenti lentamente negli ultimi anni. So cosa significa avendo gestito una struttura per 15 anni che oggi purtroppo si trova chiusa. Sono d’ accordissimo anche sul fatto che i giovani vadano motivati e guidati e non solo sfruttati . Tutto ciò che si può sognare si può realizzare quindi un grande in bocca al lupo a entrambe.
La descrizione di Massimiliano direi che è perfetta da tutti i punti di vista.
Credo che non ci sia mai stato un profilo di così alto spessore nel mondo dell’ hospitality oltre ad essere una persona unica sotto il profilo umano
Quello che penso è che tutte le persone che lavorano nel settore alberghiero dovrebbero avere il suo insegnamento perché questo migliorerebbe totalmente l’approccio con il cliente
Che dire un professionista unico al mondo
Angelo
Parole sacrosante , di un Santone dell Hotelerie interna ione, con il quale ho avuto il piacere di lavorare da giovane…al Des Bains del Lido”nave scuola” dell hotelerie italiana…aggiungerei , che oggi il settore turismo dalla base ‘ è sottopagato , servono incentivi legati ai contratti di 2 livello obbligatori per l industria alberghiera sopra le 15 persone assunte ; non denigrare gli over 50, che spesso possono essere i tutor per le giovani generazioni !