La perfezione è nemica del bene, ed il bene approssimativo è nemico dell’umantà
- Massimiliano Valente
- 25 mag
- Tempo di lettura: 5 min

Un viaggio dentro l’ambiguità dell’agire umano, tra l’ossessione del “meglio” e la pigrizia dell’“abbastanza”
Introduzione: Il dilemma invisibile del nostro tempo
Viviamo immersi in un paradosso continuo. Da una parte, la società ci bombarda con immagini di perfezione: il lavoro perfetto, la casa perfetta, il corpo perfetto, la relazione perfetta. Ogni pubblicità, ogni social network, ogni modello di riferimento sembra suggerire che si debba puntare sempre più in alto, che non si possa accettare nulla che sia solo “normale”. Dall’altra parte, la realtà quotidiana ci costringe a fare i conti con limiti concreti: tempo, risorse, errori, debolezze. Di fronte a questa pressione, molti si rifugiano nell’approssimazione, nell’“abbastanza bene”, in quella zona grigia dove si smette di lottare e si accetta il compromesso come unica soluzione praticabile.
Ma questa tensione non riguarda solo la sfera personale. È un problema sociale, collettivo, che tocca il lavoro, la politica, la sanità, la scuola, la convivenza civile.
Il rischio, quando si abbandona la ricerca del miglioramento, è che l’approssimazione diventi sistema, mentalità, cultura.
Allora la perfezione, che in teoria dovrebbe spingere a dare il massimo, finisce per bloccare l’azione; l’approssimazione, invece di facilitare la vita, la svuota di senso. Così, tra queste due derive, si insinua il vero nemico: il male di chi smette di cercare il meglio possibile e si accontenta del minimo accettabile.
Tutte le declinazioni del bene: tra etica, responsabilità e consapevolezza
Parlare di “bene” sembra facile, ma non lo è. Il bene non è solo un’azione corretta o un gesto altruista: è una tensione costante verso ciò che migliora la nostra vita e quella degli altri.
Il bene richiede attenzione, sacrificio, lucidità. Non esiste un solo tipo di bene:
C’è il bene etico, quello che nasce dal rispetto per l’altro e dalla scelta consapevole di non danneggiare.
C’è il bene sociale, che si costruisce nelle piccole azioni quotidiane, nel rispetto delle regole, nella cura del bene comune.
C’è il bene personale, la scelta di non tradire se stessi, di perseguire la coerenza anche quando nessuno guarda.
C’è il bene professionale, la dedizione al proprio lavoro fatta con coscienza, senza cedere alla superficialità.
Il bene autentico non nasce mai dal caso. È una conquista, spesso faticosa, che richiede capacità di autocritica ed il coraggio di fare scelte impopolari.
La perfezione: un’illusione che immobilizza
Inseguire la perfezione è umano, soprattutto in una cultura che esalta il successo individuale e la prestazione. Ma questa ricerca si trasforma facilmente in trappola.
Quanti progetti non vengono mai avviati perché “non sono ancora pronti”? Quante idee restano nel cassetto perché non sono perfette? Quante relazioni si spengono per il rifiuto di accettare i limiti propri e altrui?
La perfezione, quando diventa un’ossessione, distrugge la spontaneità, genera ansia, spegne la creatività.
Blocca le persone e le organizzazioni in un eterno limbo di revisione e ritocco, dove niente viene mai concluso davvero.
Nelle aziende, la ricerca della perfezione produce burocrazia, rallenta i processi, ostacola l’innovazione.
Nelle famiglie, impedisce di godere delle piccole cose perché si aspetta sempre il “momento giusto” che non arriva mai.
La perfezione, insomma, rischia di diventare una scusa per non rischiare, per non mettersi in gioco, per non esporsi.
È una forma sofisticata di paura: paura di fallire, paura del giudizio, paura di non essere abbastanza.
Il bene approssimativo: la cultura dell’accontentarsi e la deriva del pressapochismo
Se la perfezione immobilizza, il bene approssimativo anestetizza.
Viviamo nell’epoca delle soluzioni rapide, delle scorciatoie, del “tanto va bene così”.
L’approssimazione sistematica viene spacciata per pragmatismo, ma in realtà è spesso solo pigrizia, superficialità, fuga dalla responsabilità.
Il bene approssimativo si manifesta ogni volta che si rinuncia a dare il massimo per paura della fatica o per mancanza di interesse.
Lo vediamo nelle scuole dove si promuovono tutti “per non creare problemi”, negli ospedali dove si seguono protocolli standard senza guardare la persona, nei servizi pubblici gestiti senza attenzione, nelle aziende dove il profitto immediato vale più della qualità.
La cultura dell’approssimazione genera conseguenze gravi:
Scarsa fiducia nelle istituzioni e nei professionisti.
Erosione del senso civico.
Mediocrità diffusa che soffoca i talenti e punisce chi vuole fare bene.
La somma di tanti piccoli “abbastanza bene” produce un risultato pessimo su larga scala.
Così, il bene fatto male si trasforma in male vero: crea danni, alimenta ingiustizie, genera frustrazione.
Il male nascosto nell’assenza di responsabilità
Il male non è solo l’atto crudele o la scelta malvagia.
Molto spesso, il male si annida nelle omissioni, nella negligenza, nell’indifferenza di chi avrebbe potuto fare meglio e non l’ha fatto.
È il male silenzioso della società che si accontenta, che tollera la mediocrità, che chiude gli occhi davanti al degrado morale, civile, professionale.
Questo male è pericoloso perché si maschera da “normalità”.
È l’abitudine a non reagire, a non protestare, a non pretendere più nulla di meglio.
La cultura del bene approssimativo diventa così la complice ideale del male: lo copre, lo giustifica, lo rende invisibile.
La via stretta del “meglio possibile”
Esiste un’alternativa tra la dittatura della perfezione e la resa all’approssimazione?
Sì, ma è una via stretta, fatta di fatica, di autocritica e di equilibrio.
Fare il “meglio possibile” significa:
Accettare i limiti senza farsene alibi.
Curare i dettagli senza diventare ossessivi.
Non rimandare, ma nemmeno agire con superficialità.
Mettere il proprio nome e la propria dignità in ciò che si fa.
Questa via richiede consapevolezza, disciplina, umiltà.
Significa dare valore al tempo proprio e altrui, riconoscere l’importanza delle conseguenze delle proprie azioni.
Chi lavora per il “meglio possibile” non si accontenta mai davvero, ma non si blocca neanche davanti all’impossibile.
Sbaglia, corregge, migliora.
Non punta a essere perfetto, ma vuole essere vero, affidabile, presente.
L’educazione al bene responsabile
Tutto questo non s’impara da soli.
Serve una cultura diffusa dell’impegno, della cura, della responsabilità.
Serve una scuola che non premi solo i risultati, ma il percorso, la costanza, la voglia di migliorare.
Servono famiglie che insegnino la fatica e la gratificazione, che mostrino con l’esempio che il bene si costruisce giorno dopo giorno, e che ogni scorciatoia alla lunga si paga.
Serve una società che riconosca il valore di chi
s’impegna, che non abbia paura di premiare il merito e di chiedere di più a chi può dare di più.
Serve un’economia che rimetta la qualità al centro, che non svenda il proprio futuro per un profitto immediato.
Conclusione: tra il male dell’illusione e il male della rinuncia
Il male può presentarsi come perfezione irraggiungibile o come approssimazione pigra.
In entrambi i casi, il risultato è lo stesso: si perde il senso del bene autentico, quello che chiede impegno, attenzione, presenza.
Solo costruendo una cultura del “meglio possibile” possiamo recuperare fiducia, qualità, giustizia.
Non ci servono né eroi ossessionati dalla perfezione, né persone rassegnate all’approssimazione.
Ci servono uomini e donne capaci di scegliere, ogni giorno, di fare bene il possibile, sapendo che questo è già un atto rivoluzionario.
Solo così, tra il rischio di restare fermi e quello di andare alla deriva, l’umanità può trovare la sua vera misura.
Una misura fatta di coraggio, responsabilità, e voglia di lasciare un segno che valga davvero.
MV
Manca in tutto questo una sola parola che può sostituire la perfezione...una vera PASSIONE che se c'è e ti appartiene in ogni momento e si coltiva ogni giorno nella gratitudine allora si può sentire quel bene essenziale . Direi che se riusciamo proprio fermarsi e sentire profondamente quel fuoco che scalda e riconoscere quel bene ampio che può donare senza pensare. La vera PASSIONE del cuore non bruccia ti guida ovunque .Non fatte mai spegnere quel fuoco dentro da nessuno! Proteggete e vi salverà!!!