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Quando la stessa tradizione nasce a migliaia di chilometri: i misteri delle culture gemelle nel mondo



Dalle contaminazioni secolari tra popoli lontani ai dubbi sulla globalizzazione digitale: perché certi riti, strumenti e sapori sono rimasti identici a distanza di oceani per secoli e cosa invece rimarrà dell’era della globalizzazione e delle comunicazioni ? Un viaggio tra storia, identità e futuro della cultura globale.


Fenomeni misteriosi della storia: come la Stessa tradizione che appare e si tramanda per secoli in luoghi lontanissimi del mondo


L’altra sera ero ad una cena di lavoro, una di quelle serate che iniziano formali ma che diventano piacevolmente sorprendenti. Tra imprenditori, avvocati e creativi, c’era anche una musicista molto brillante di origine kirghisa . A metà cena, lei afferma improvvisamente con un sorriso: «Il mio strumento preferito? Il maranzano». Silenzio totale. Poi chiarisce: «Lo scacciapensieri siciliano, quello strano aggeggio di metallo che metti tra i denti e fa quel suono ipnotico». La sorpresa vera arriva subito dopo quando aggiunge: «Sapete che questo strumento si usa anche in Mongolia?».


Questa frase mi colpisce profondamente e mi fa riflettere: come può una tradizione così specifica ed apparentemente isolata, radicata nelle campagne siciliane, trovarsi identica anche nella lontanissima Mongolia? Mi sembra assurdo, quasi impossibile. Da quella sera, ho iniziato ad indagare e ho scoperto che la storia è ricca di fenomeni simili, veri e propri misteri culturali che legano popoli distanti migliaia di chilometri.



Per esempio, le ceramiche decorative di Caltagirone, in Sicilia, hanno motivi e tecniche incredibilmente simili alle ceramiche dell’Andalusia. Questo legame risale alle influenze arabe medievali, quando i mercanti arabi portavano con sé non solo merci ma anche idee e tecniche artigianali, creando una contaminazione culturale destinata a durare secoli.




Un altro caso affascinante è rappresentato dalle maschere rituali dei Mamuthones in Sardegna, che ricordano fortemente quelle tribali della Papua Nuova Guinea. Stessi volti, stessa espressione rituale di potenza e protezione, nonostante l’enorme distanza geografica e culturale. Questo mi porta a pensare che ci sia qualcosa di profondamente umano ed universale in certi rituali, che li rende capaci di emergere spontaneamente in culture diverse.




Un esempio ancora più interessante riguarda la musica: il flauto di Pan, diffuso in Romania e nelle Ande, due culture distanti che hanno sviluppato, indipendentemente o meno, uno strumento così simile, quasi identico. Forse queste tradizioni musicali sono nate da esigenze umane comuni, dalla necessità universale di creare musica con gli strumenti più semplici offerti dalla natura.


Ma non finisce qui. C’è anche il rito simbolico dell’offerta di pane e sale, praticato non solo nei paesi dell’Est Europa come la Russia e la Polonia, ma anche in Medio Oriente. Questo gesto semplice e forte di ospitalità, di benvenuto, si è tramandato attraverso secoli di migrazioni, guerre e viaggi, sedimentandosi profondamente nelle culture.



Poi c’è l’architettura. I trulli pugliesi con i loro tetti conici ricordano sorprendentemente le yurte dell’Asia Centrale. Due culture lontanissime, ma unite da esigenze climatiche e funzionali simili, che hanno creato strutture quasi identiche, capaci di resistere al tempo ed alle mode.


E non dimentichiamo il cibo, un grande esempio di contaminazione e tradizione culturale. Un caso emblematico è quello delle empanadas, diffuse in Sud America, ed i panzerotti pugliesi. Due pietanze praticamente identiche: pasta ripiena, fritta o cotta al forno, che esistono in culture totalmente diverse ma che condividono la stessa identica struttura e funzione conviviale. Oppure il cous cous, che in Sicilia è diventato parte integrante della cucina locale grazie all’influenza araba, mentre rimane un piatto iconico in tutta l’Africa settentrionale.


Questi esempi mi hanno portato a riflettere sulla globalizzazione moderna. Oggi abbiamo tutto a portata di mano, eppure sembra che niente si radichi veramente nella nostra cultura. Consumiamo relazioni con popoli e tradizioni diverse come prodotti veloci, superficiali,

senza che queste apportino nulla al nostro, tessuto sociale e culturale . Nel passato invece, un semplice mercante , un viaggiatore aveva il talvolta il potere di lasciare un seme culturale che germogliava lentamente, diventando tradizione autentica e duratura.


Nella mia esperienza alberghiera ho visto turisti provenienti da ogni angolo del mondo emozionarsi profondamente davanti a cose semplici ed autentiche: un piatto fatto in casa, un oggetto artigianale unico, un rituale antico vissuto direttamente.

Nel tempo compreso che la vera forza delle tradizioni risiede nella loro capacità di toccare l’anima delle persone.

Questo è ciò che manca oggi: profondità e lentezza, la capacità di sedimentare la cultura.


Cosa rimarrà quindi della globalizzazione attuale tra cento o mille anni? Quali tradizioni sapranno resistere alla velocità ed alla superficialità del mondo moderno? Forse solo quelle capaci di entrare veramente nella nostra vita, quelle che toccheranno il cuore delle persone.


Riflettendo su tutto questo, torno a pensare al maranzano, così piccolo e semplice, ma capace di connettere mondi lontanissimi.

La cultura autentica è contaminazione vera, è un dialogo profondo tra popoli diversi, è qualcosa che non muore mai perché parla direttamente all’essere umano. È questa la bellezza che dobbiamo preservare e riscoprire, in un mondo che sembra aver dimenticato come si fa.


Forse è proprio questo il vero paradosso: viviamo nell’epoca più connessa della storia, possiamo avere accesso a qualsiasi cosa in pochi istanti, raggiungere luoghi lontanissimi con un click e comunicare allo stesso modo in tempo reale , eppure non siamo capaci di scambiarci davvero qualcosa che si radichi dentro di noi . Se un tempo bastava un mercante che attraversasse continenti e deserti per lasciare una traccia indelebile, una tradizione che avrebbe attraversato secoli e culture, oggi che siamo immersi in un flusso costante d’informazioni e connessioni, non troviamo traccia di cosa possa realmente restare nella storia .


Che valore hanno dunque questi scambi veloci, superficiali, che spesso sembrano non lasciare segni duraturi?


C’è il rischio reale che la globalizzazione ci renda sempre più simili, appiattiti su modelli e consumi identici, cancellando lentamente le peculiarità che fanno di ogni cultura un patrimonio unico ed irripetibile.


Dal mio punto di vista è fondamentale preservare la ricchezza delle nostre tradizioni e delle nostre diversità culturali ; non perché siano musei da custodire gelosamente, ma perché rappresentano un valore aggiunto, un’eccellenza che arricchisce non solo chi ne è custode, ma l’intera umanità. Questi patrimoni culturali sono ciò che ci rende davvero speciali ed irripetibili, sono la materia prima di quella magia che chiamiamo arte.


Ritengo che una delle dimostazioni più belle e spontanee di quanto le contaminazioni culturali siano ancora possibili e profonde avvenga ogni volta che due persone, provenienti da culture, mondi e tradizioni completamente diverse, s’innamorano. In quei momenti, in quelle storie di vita che s’intrecciano superando ogni distanza e pregiudizio, emerge tutta la forza autentica della contaminazione vera: quella che parte dall’anima, dal sentimento, dalla voglia semplice ed universale di condividere una vita insieme. Perché in fondo, quando due persone di mondi diversi s’innamorano, mostrano chiaramente che l’anima va sempre oltre gli schemi, oltre le mode, oltre ogni distanza.

E, forse, alla fine è proprio questa la vera, definitiva, meravigliosa globalizzazione: quella del cuore.


MV

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Guest
May 21

UmaNITA' contiene la parola UNITÀ non è semplicemente un caso . Ognuno di noi fa parte di questo mondo così pieno di diversità . Ci sono tanti altri esempi nelle somiglianze delle culture diverse proprio perché le distanze come il tempo della creatività non esistono. Le anime si uniscono quando sentono accolte in unico senso di scambio e amore profondo senza giudizio. E come per riconoscere la nostra diversità personale dobbiamo prima rispechiarsi e accogliere un altro essere umano , così le diversità possono diventare UNITÀ in tutto ma specialmente in noi. Ci piace ciò che è simile a noi ma l'amore unisce ciò che è diverso .

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